Alcuni pescatori di corallo provenienti dalla Liguria e in particolare dalla
cittadina di Pegli, a ovest di Genova, ora quartiere del capoluogo, attorno al
1540
andarono a colonizzare Tabarca, isola assegnata dall’imperatore spagnoloCarlo
V alla Famiglia Lomelli, nell’odierna Tunisia ma vicina al confine con l’Algeria; qui
la comunità prosperò fino ai primi anni del XVIII secolo, sviluppando anche un
intenso commercio con le popolazioni del retroterra, sfruttando la propria
caratteristica di unica enclave europea sulla costa maghrebina.
Mutate le condizioni politiche in seguito all’accresciuta ingerenza della Francia
e all’esigenza della nuova dinastia tunisina degli Husainidi di rafforzare il
proprio
controllo sul territorio, nel 1738 una parte della popolazione preferì trasferirsi in
Sardegna, sull’isola di San Pietro; nel 1741 Tabarca fu occupata dal bey di Tu-
nisi, e gli abitanti rimasti divennero schiavi, ma Carlo Emanuela III di Savoia, Re
di Sardegna, riscattò una parte di questa popolazione, portandola ad
accrescere
nel 1745 la comunità di Carloforte. Altri Tabarchini rimasero schiavi e furono
ceduti al bey di Algeri, che a sua volta nel 1769 li affidò dietro pagamento di un
riscatto al Re di Sardegna , Carlo III, il quale fece da loro popolare l’isola di
Nueva Tabarca vicino ad Alicante.
Una parte dei Tabarchini rimasti a Tunisi in condizione di libertà si trasferirono
nel 1770, su invito del maggiorente carlofortino Giovanni Porcile sull’isola di
Sant’Antioco, dove fondarono Calasetta. Gli ultimi Tabarchini rimasti in Tunisia,
prevalentemente nei porti di Tunisi, Biserta e Sfax, costituirono un millet, mi-
noranza etnico-linguistica e religiosa riconosciuta dal bey di Tunisi, e come tale
godettero di una certa tutela: molti di loro fecero parte dell’amministrazione
della Reggenza soprattutto sotto il regno di Ahmed I, figlio a sua volta di una
schiava tabarchina, svolgendo un ruolo attivo nella politica e nell’economia del
paese, spesso a diretto contatto con imprenditori liguri quali Giuseppe Raffo e
Raffaele Rubattino. L’uso del tabarchino in Tunisia è attestato fino ai primi del
Novecento quando, con l’instaurazione del protettorato francese, la maggior
parte dei Tabarchini optò per la naturalizzazione. I loro discendenti vivono oggi
prevalentemente in Francia.